spillette.blog
l'universo parallelo di spillette.org
Rototom, il sistema contro il sistema.
Categories: General

Dopo tutto questo, si può solo resuscitare il vecchio Bob. Il Rototom 2011 è la versione 3.0, nonché la numero 18 del grande festival reggae, e per restare sul confronto con i software, è il seguito della beta version dell’anno scorso, la prima in terra di Spagna. Lo staff ci ha messo un anno per divincolarsi nella nuova location, infatti davvero un anno fa non sapevo bene cosa scrivere. Mi sentivo di inciampare sempre mentre giravo in uno spazio troppo grande e con tendoni e palchi gettati lì a caso come briciole su una tovaglia. Invece con uno studio degno di un architetto da esterni, i 10 giorni di festival quest’anno si spendono in un luogo molto bene organizzato che però non toglie nulla alla spontaneità e al carattere pacifico della manifestazione. E’ così bene gestito che anche le mosche, la piaga d’Egitto della scorsa edizione, hanno abbandonato quasi del tutto il campo spinte via non tanto dagli incensi della House of Rastafari quanto, sospetto, da qualche decina di litri di trattamenti. E’ ormai un festival per tutti: la cultura reggae è esplosa dentro e fuori l’Europa e la fauna umana è delle più varie, senza eccezioni. Forse solo i più tenaci skinhead di destra non sarebbero bene accolti qui: il resto della categoria giovanile è rappresentato in tutti gli aspetti, dai vacanzieri del reggae che non riescono quasi a montare una tenda, ai reduci del Raimbow, mega raduno hippie europeo che si è tenuto in Portogallo, del tutto avvezzi all’autogestione e al rispetto reciproco e del luogo. E poi tutti i Rasta, da quelli convinti a quelli per moda, ai perroflautas e ai punk.. L’offerta musicale consente perciò a gentaglia come Capleton di occupare il main stage senza impedire che anche un grande, grandissimo poeta politico del reggae come Linton Kwesi Johnson abbia il prime time di una delle serate del grande palco. Tutte le aree tematiche sono state spostate e rivedute con una geometria vicina ai canoni greci. Sul piazzale, putroppo asfaltato, del main stage si affacciano le realtà che partono con la loro offerta subito dopo la chiusura dei grandi concerti: il palco ska, sacrificato l’anno scorso in zona elfica tra la polvere e le mosche, e la dancehall che è in fondo ed è bene resti isolata, ma sott’occhio come un bambino incline al teppismo. La dub station è la vera perla, tale anche nella forma di cupola aperta verso il cielo azzurro di questa regione valenciana, dell’offerta notturna. Un cuore che pulsa lento al centro del festival e che raccoglie i tanti inclini al ballo tranquillo, alla calma vaporosa delle nuvole di ganja mischiata talvolta a dolci effusioni o ad arditi passi di giocoleria. E non succede di vedere polveri inalate o scazzottate anche senza la presenza inquietante di guardie palestrate che ossessionava le notti di Osoppo. Qui le guardie interne sono quasi invisibili e discrete, magre e spesso donne, e si comprende la loro presenza solo perchè si da credito all’esperienza acquisita che dice: ogni tot persone, almeno qualcuna è una testa di cazzo. Barato è il prezzo, che alla cassa si aggira sulle trenta euro al giorno, di meno per chi si abbona da febbraio a maggio. Barato è il prezzo anche di bevande e cibo, e si mangia pure bene con circa sette euro a testa in ognuno delle decine di ristoranti del festival e dell’area campeggio. Gli eccessi vengono puniti immediatamente dal pubblico con il vuoto di presenze: quello che succede in certe attività o bancarelle i cui esercenti non esitano ad accolpare l’organizzazione o chissachì se la gente non è così fessa da cedere ai loro prezzi. La gente non ha soldi, non troppi, e vuole divertirsi e farsi qualche regalo senza farsi prendere per il culo, è tutto qui. L’offerta culturale è il valore aggiunto, lo spessore culturale del festival, quello che dal pomeriggio a sera inoltrata si dipana tra il foro social, la reggae university, il centro di meditazione/ yoga/ massaggi e l’african village. Dall’antiproibizionismo alla condizione delle donne in Iran con il premio nobel Shirin Ebadi: dalla famiglia Marley (quasi) al completo alla mobilità sostenibile. Neanche il neonato movimento spagnolo 15m, quello delle piazze occupate e delle manifestazioni per i diritti civili manca a questa occasione, per noi persone impegnate, di ritrovarsi e fare il punto della situazione in vista di un mondo migliore, possibile e necessario, che ha da venire molto presto. Non mancano i corsi di danza afro e le esibizioni di musiche tradizionali africane, Osho e tutto quello che ispira e riallinea.. e non mancano gli elfi ad animare la buca che tale non è più coi loro fuochi sempre accesi e pizze sempre calde. Infine la spiaggia, periferia del festival e del continente, un po’ simile a Cattolica per i grattacieli e il mare appena passabile, in realtà è una meraviglia da vedere con tutti gli ospiti del festival mischiati ai turisti locali, la musica Reggae che arriva dall’immancabile sound system con programmazione annessa di corsi a anche spettacolii di circo. E un bel mercatino artigiano abusivo di quelli di una volta, dove si trovano oggetti di alta e altra qualità ma anche birre a un euro e mojito a 3 euro. C’è anche il circo, ma io tra gli altri non ho pù energie per assimilare anche questa novità. Uniche note negative, il continuo controllo delle borse all’ingresso, la presenza un po’ inquietante della guardia civil al checkin tra il festival e il campeggio (sempre meno che a Osoppo, sempre meno che a Osoppo) e soprattutto: internet si paga e non ci sono access point aperti… ma scherziamo?!? E la gente va a connettersi gratis al McDonald’s di Castillò. Avevo altro da dire, forse dopodomani. un abbraccio dal Pais valencià spillaman

Comments are closed.