spillette.blog
l'universo parallelo di spillette.org
Cronache dall’Exodus Sunsplash
Categories: General

Me ne sto al rototom sunsplash versione spagnola valenciana, una prova riuscita di migrazione di un festival che quest’anno potrebbe arrivare o superare le 300 mila presenze visto il numero raddoppiato di biglietti venduti in prevendita. Me ne sto qui a boccheggiare dentro i 35 gradi di questa regione di terra rossa, arbusti, mandorli e ulivi, umidità del 100 per cento, su una spianata polverosa che ci ha accolti con un prato ora, a metà festival, quasi sparito sotto il calpestio dei presenti e cotto dal sole (visto che è l’unico prato a non essere regolarmente innaffiato). Il festival ha raggiunto proporzioni paurose: il main stage è lo stesso palco di sempre, arrivato anche lui sulla pista dei bisonti di 1400 km che separa gli aficionados italiani dalla nuova realtà. E’ affiancato da un palco molto grande, il Lion stage, alimentato da una parete di pannelli solari. Fa così piacere scoprire, dopo aver chiuso la bancarella di spille alle 5 avendo sopportato a distanza la vociaccia omofoba di Anthony B sbraitare dal main stage, arrivare per caso sotto quell’altro palco e trovarci un gruppo di musicisti veri, un misto funky raggae, credo che si chiamino Ras Soldier, che hanno una capacità eccezionale di trasportarmi, solo sporco e stanco, nell’olimpo di quelli che suonano perchè lo sanno fare. Del resto tutto qui è deciso dall’audience che fa, perchè lo sterminato proletariato degli ospiti paganti ha da essere assecondato sempre nei suoi gusti: è l’unico potere che hanno, quello di riempire uno spazio piuttosto che un altro e quindi decidere le sorti di questa o di quell’area di festival. Hanno pagato tanto la loro vacanza, con tanto di sunbeach che è la spiaggia ufficiale del festival: un costo che comunque ripaga il giusto l’enorme spesa sostenuta dagli organizzatori per questa gigantesca macchina viva tutto l’anno, ma poi ripagano tutto il resto. Niente è gratis, a partire dall’autobus per il paese di Benicassim e per la spiaggia, per arrivare all’internet point che chiede ancora disonestamente 2 euro all’ora per ogni connessione, anche se uno come me arriva col suo portatile.. il wireless c’è ma ovviamente è criptato, e la password non è nè rototom nè exodus. (aggiornamento in fase di pubblicazione: il wireless è gratis, la password è sunsplash eh eh eh)
Me ne sto qui con le preoccupazioni di gestire l’ingestibile, visto che mi occupo del mercatino freak spontaneo: un’area saltata di grado e uscita dalla buca degli Elfi del parco del Rivellino, assieme agli elfi per essere istituzionalizzata e portata dal ghetto felice in cui si trovava, felice perchè autogestito, al centro della movida in un’area, questa del prato rinsecchito, che si aqquieta solo nelle ore più calde. Istituzionalizzati, gli Elfi continuano a girovagare nudi ma hanno smesso di cantare, stretti tra un bellissimo palco di ska che fa pensare alle radici e gli stronzi dell’Xpressing village, quelli che si presentano con un volume che rovina, qui in questa nuova buca degli Elfi a livello del mare, tutto quello che essa contiene compreso lo stesso bellissimo Xpressing village. Usciti dalla buca anche noi liberi venditori, istituzionalizzati con un referente ufficiale, il sottoscritto, siamo meno anarchici di prima ma potrebbe essere l’embrione di una zona autogestita dagli stessi espositori, in cui vendere il prodotto dei nostri ingegni senza pagare il suolo. Per ora i problemi sono lo spazio ridotto, più ridotto di quanto promesso, e la difficoltà di costruire un senso di collettività: non è giusto aprire con 3 metri quando poi gli altri sono costretti in un solo metro, non è saggio piantonare un posto con dei bancali e poi sparire lasciandolo vuoto, non ci si può mettere davanti a tutti in mezzo alla piazza con file di vestiti appesi che coprono tutti gli altri. Io d’altro canto non sopporto il potere, non lo voglio esercitare e il mio scopo è solo quello di fare da tramite tra l’associazione exodus e i piccoli venditori, che arrivano in tanti a cercare rifugio con le loro cartoline disegnate a mano, bigiotteria, cose di fimo o cucite, cose di lana, adesivi dipinti a mano, pipe e coltelli, e spille spille spille ovviamente.
Dalla buca a livello del mare da dove vedo una fila di cassonetti per la raccolta differenziata, che vengono svuotati una volta al giorno in maniera differenziata e ogni mattina dal regolare camion della monnezza, che carica tutto rendendo vani i nostri sforzi di sezionare ogni particella di rusco prodotto, godo dei risvegli silenziosi e sudati dopo le 3 ore di silenzio che gli stronzi dell’Xpressing village ci concedono: i loro bassi fanno vibrare ogni cosa come se stessimo all’Aquila il 9 aprile, compreso il mio giaciglio camperizzato, e neanche i tappi per le orecchie possono fare molto. Gli elfi non cantano, ma la pizza è grande e costa ormai 5 euro. Lo ska mi rasserena e anche se di spillette ne vendo sempre poche e il vecchio frikkettone che vende le pipe cospira contro la mia ascesa al potere, non posso lamentarmi: conosco genti di ogni dove, faccio i miei giretti e l’italia non potrebbe mancarmi di meno: siamo in esodo come tante altre cose belle che dalla più grande portaerei degli stati uniti nel mediterraneo migrano verso aree dove si respira (in senso metaforico visto il caldo): e anche se siamo dentro un recinto doppio (nel senso di 2 giri di rete metallica con una strada in mezzo) con polizia armata all’ingresso, ronde di guardie tutto intorno e colossi tatuati dentro a minacciare di tagliare il tuo braccialetto anche per una pisciata in un angolo… mi sento libero, e oggi lo andrò a dire direttamente a Beppe Grillo.
Spillaman

ps nota sull’autogestione: tu, ospite pagante che non vuoi pensieri e rolli i tuoi joints di erba libera in mezzo al prato, o sulla spiaggia con dei fiori sublimi dalle tette al vento che ti circondano, perchè non raccogli il tuo bicchiere? tu che ti senti parte di una comunità migrante e canti le canzoni di bobbe marley, perchè dopo tanti anni sei ancora, semplicemente, un consumatore? ti capisco quando sotto il palco, nella calca, ti liberi dei tuoi rifiuti gettandoli a terra ma in mezzo a un prato? ti diverte sapere che la ragazza portoghese che raccoglierà la tua merda prende 6 euro all’ora e lavora con 35 gradi all’ombra? autogestione. vorrei che te l’avessero insegnata dalle elementari: se ci sono le guardie, se c’è un’organizzazione gerarchica che rende possibili le cose, non vuol dire che tu ti debba liberare del tuo senso di civiltà: dentro al parco come in paese, non ti sei ancora stancato di fare schifo? autogestione, dialogo, rispetto, libertà: senti come fanno rima?

Comments are closed.